Fu, con Beato Angelico e Domenico Veneziano, il principale pittore attivo a Firenze facente parte della generazione successiva a quella del Masaccio. Dopo un periodo iniziale, di stretta aderenza masaccesca, pur arricchita di spunti tratti dalla vita reale, come nelle opere coeve di Donatello e Luca della Robbia, Lippi si orientò gradualmente verso uno spettro più ampio di influenze, che comprendeva anche la pittura fiamminga.
In seguito il suo stile si sviluppò verso una predominanza della linea di contorno ritmica su tutti gli altri elementi, con figure snelle, in pose ricercate e dinamiche, su sfondi scorciati arditamente in profondità. Il suo stile, nell’età laurenziana, divenne predominante in area fiorentina, costituendo le basi su cui pittori come Botticelli cocrearono il proprio stile.
Nel 1466 L’Opera del Duomo di Spoleto commissionò al Lippi gli affreschi con Storie della Vergine per la tribuna della Cattedrale ed i lavori iniziano nel settembre 1467, venendo conclusi circa tre mesi dopo la morte del pittore da suoi collaboratori (soprattutto Fra Diamante). Il ciclo di affreschi è composto dall’Annunciazione, la Natività, la Morte della Vergine e la sua Assunzione in cielo. Nell’affresco raffigurante la Morte della Vergine
Le Storie della Vergine vennero concluse tre mesi dopo la morte dell’artista, sepolto nel transetto laterale proprio perché si diceva che in Umbria non ci fossero tombe di grandi artisti. Nel riquadro che raffigura la Morte della Madonna viene identificato lo stesso Filippo Lippi con un mantello bianco, una delle figure alla destra, ed il figlio Filippino nella figura dell’angelo.
Presente ovviamente la Natività, dove la scena familiare del Bambinello appoggiato a terra, San Giuseppe inginocchiato e la Maria Vergine con le mani giunte è ricca di particolari, dai mattoncini mancanti delle mura alla veste macchiata della Madonna.
Pictografia a fresco su calce
Filippo Lippi, Natività
applicazioni in gesso a caldo; doratura in foglia 18 kt.
spessore 12 mm ca.
Gancio a scomparsa
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